La base aerea di Aviano
© Ansa
I risultati delle periodiche ispezioni per controllare come le armi nucleari statunitensi vengono gestite, mantenute e sorvegliate sono, da ora in poi, top secret: lo ha deciso il Pentagono, dichiarando che in tal modo «si impedisce agli avversari di conoscere troppo riguardo alla vulnerabilità delle armi nucleari Usa». In realtà, commentano gli esperti della Federazione degli scienziati americani (Fas), i rapporti sulle ispezioni finora diffusi non contenevano dati classificati. Erano però emersi problemi relativi alla sicurezza delle armi nucleari e al comportamento del personale addetto alla loro gestione. Quindi da ora in poi nessuno, al di fuori di una ristretta cerchia nel Pentagono, potrà avere notizie sul grado di sicurezza dei siti, come Aviano e Ghedi Torre, in cui sono stoccate armi nucleari statunitensi.
Lo scopo fondamentale della decisione del Pentagono è però un altro: non facendo più sapere dove vengono effettuate ispezioni, esso non rivela più, neppure indirettamente, dove sono installate le armi nucleari. Ciò riguarda non solo le installazioni sul territorio statunitense ma, soprattutto, quelle in altri paesi. Non a caso la segretazione dei risultati delle ispezioni è stata decisa proprio mentre la B61-12, la nuova bomba nucleare Usa destinata a sostituire la B-61 schierata in Italia e altri paesi europei, è entrata nella fase di ingegnerizzazione che prepara la produzione in serie.
Non si sa quante B61-12 siano destinate all’Italia – scrivevamo sul manifesto il 18 aprile – ma non è escluso, data la crescente tensione con la Russia, che il loro numero sia maggiore di quello delle attuali B61 (stimato in 70). Non è neppure escluso che, oltre che ad Aviano e Ghedi, esse vengano dislocate in altre basi, tipo quella di Camp Darby dove sono stoccate le bombe della U.S. Air Force. Il fatto che, all’esercitazione Nato di guerra nucleare svoltasi a Ghedi nel 2014, abbiano preso parte per la prima volta anche piloti polacchi con cacciabombardieri F-16C/D, indica che con tutta probabilità le B61-12 saranno schierate anche in Polonia e in altri paesi dell’Est.
La B61-12 non è una semplice versione ammodernata della precedente, ma una nuova arma: ha una testata nucleare a quattro opzioni di potenza selezionabili a seconda dell’obiettivo da colpire; un sistema di guida che permette di sganciarla non in verticale, ma a distanza dall’obiettivo; la capacità di penetrare nel terreno per distruggere i bunker dei centri di comando in un first strike nucleare. La nuova bomba nucleare può essere sganciata dai caccia F-16 (modello C/D) della 31st Fighter Wing, la squadriglia di cacciabombardieri Usa dislocata ad Aviano (Pordenone), pronta all’attacco attualmente con 50 bombe B61 (numero stimato dalla Fas). La B61-12 può essere sganciata anche da cacciabombardieri Tornado PA-200, tipo quelli del 6° Stormo dell’Aeronautica italiana schierati a Ghedi (Brescia), pronti all’attacco nucleare attualmente con 20 bombe B61. In attesa che arrivino anche all’aeronautica italiana i caccia F-35 nei quali, annuncia la U.S. Air Force, «sarà integrata la B61-12».
Le mozioni parlamentari in cui si chiede al governo italiano di non permettere che le B61-12 siano installate sugli F-35 servono a richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica sull’argomento; non hanno però alcuna possibilità di riuscita poiché la decisione non è nelle mani del governo italiano ma del comando Usa/Nato, e le stesse bombe possono essere istallate su altri aerei. La questione di fondo è un’altra. Una volta iniziato nel 2020 (ma non è escluso anche prima) lo schieramento in Europa della B61-12, definita dal Pentagono «elemento fondamentale della triade nucleare Usa» (terrestre, navale e aerea), l’Italia, ufficialmente paese non-nucleare, verrà trasformata in prima linea di un ancora più pericoloso confronto nucleare tra Usa/Nato e Russia.
Nonostante che l’Italia abbia ratificato il Trattato di non-proliferazione (Tnp), che la impegna a «non ricevere da chicchessia armi nucleari, né il controllo su tali armi, direttamente o indirettamente». La battaglia politica da condurre nel paese e in parlamento deve quindi mirare alla eliminazione delle armi nucleari installate in Italia, ossia alla completa denuclearizzazione del nostro territorio nazionale, sia perché ciò è prescritto dal Tnp, sia perché costituisce la condizione indispensabile per l’adesione italiana al Trattato sulla proibizione delle armi nucleari, votato a grande maggioranza alle Nazioni Unite ma ignorato dall’Italia.
Lo scopo fondamentale della decisione del Pentagono è però un altro: non facendo più sapere dove vengono effettuate ispezioni, esso non rivela più, neppure indirettamente, dove sono installate le armi nucleari. Ciò riguarda non solo le installazioni sul territorio statunitense ma, soprattutto, quelle in altri paesi. Non a caso la segretazione dei risultati delle ispezioni è stata decisa proprio mentre la B61-12, la nuova bomba nucleare Usa destinata a sostituire la B-61 schierata in Italia e altri paesi europei, è entrata nella fase di ingegnerizzazione che prepara la produzione in serie.
Non si sa quante B61-12 siano destinate all’Italia – scrivevamo sul manifesto il 18 aprile – ma non è escluso, data la crescente tensione con la Russia, che il loro numero sia maggiore di quello delle attuali B61 (stimato in 70). Non è neppure escluso che, oltre che ad Aviano e Ghedi, esse vengano dislocate in altre basi, tipo quella di Camp Darby dove sono stoccate le bombe della U.S. Air Force. Il fatto che, all’esercitazione Nato di guerra nucleare svoltasi a Ghedi nel 2014, abbiano preso parte per la prima volta anche piloti polacchi con cacciabombardieri F-16C/D, indica che con tutta probabilità le B61-12 saranno schierate anche in Polonia e in altri paesi dell’Est.
La B61-12 non è una semplice versione ammodernata della precedente, ma una nuova arma: ha una testata nucleare a quattro opzioni di potenza selezionabili a seconda dell’obiettivo da colpire; un sistema di guida che permette di sganciarla non in verticale, ma a distanza dall’obiettivo; la capacità di penetrare nel terreno per distruggere i bunker dei centri di comando in un first strike nucleare. La nuova bomba nucleare può essere sganciata dai caccia F-16 (modello C/D) della 31st Fighter Wing, la squadriglia di cacciabombardieri Usa dislocata ad Aviano (Pordenone), pronta all’attacco attualmente con 50 bombe B61 (numero stimato dalla Fas). La B61-12 può essere sganciata anche da cacciabombardieri Tornado PA-200, tipo quelli del 6° Stormo dell’Aeronautica italiana schierati a Ghedi (Brescia), pronti all’attacco nucleare attualmente con 20 bombe B61. In attesa che arrivino anche all’aeronautica italiana i caccia F-35 nei quali, annuncia la U.S. Air Force, «sarà integrata la B61-12».
Le mozioni parlamentari in cui si chiede al governo italiano di non permettere che le B61-12 siano installate sugli F-35 servono a richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica sull’argomento; non hanno però alcuna possibilità di riuscita poiché la decisione non è nelle mani del governo italiano ma del comando Usa/Nato, e le stesse bombe possono essere istallate su altri aerei. La questione di fondo è un’altra. Una volta iniziato nel 2020 (ma non è escluso anche prima) lo schieramento in Europa della B61-12, definita dal Pentagono «elemento fondamentale della triade nucleare Usa» (terrestre, navale e aerea), l’Italia, ufficialmente paese non-nucleare, verrà trasformata in prima linea di un ancora più pericoloso confronto nucleare tra Usa/Nato e Russia.
Nonostante che l’Italia abbia ratificato il Trattato di non-proliferazione (Tnp), che la impegna a «non ricevere da chicchessia armi nucleari, né il controllo su tali armi, direttamente o indirettamente». La battaglia politica da condurre nel paese e in parlamento deve quindi mirare alla eliminazione delle armi nucleari installate in Italia, ossia alla completa denuclearizzazione del nostro territorio nazionale, sia perché ciò è prescritto dal Tnp, sia perché costituisce la condizione indispensabile per l’adesione italiana al Trattato sulla proibizione delle armi nucleari, votato a grande maggioranza alle Nazioni Unite ma ignorato dall’Italia.